la home del blog di OpenAI dedicato a ChatGPT
 |  |  |  | 

ChatGPT per la SEO: 6 consigli degli esperti per sfruttare al meglio l’Intelligenza Artificiale

L’intelligenza artificiale, o AI, (dall’inglese artificial intelligence) è senza dubbio il trend topic del 2023 nelle community di digital marketing, soprattutto quelle che si occupano di SEO. A preoccupare chi si guadagna da vivere ottimizzando i contenuti digitali per i motori di ricerca (per chi non lo sapesse l’acronimo SEO significa “search engine optimization”, cioè ottimizzazione per motori di ricerca) è soprattutto il rischio di essere rimpiazzati dalla “macchina pensante”.

Nonostante la mancanza del topic nel rapporto di Google “Year in search”, già gli ultimi giorni del 2022 sono stati caratterizzati da un grande fermento. Il 30 novembre OpenAI ha infatti lanciato il prototipo ChatGPT.

Che cosa è ChatGPT, spiegato con parole semplici.

Si tratta di un chatbot di nuova generazione che possiamo definire conversazionale. È in grado cioè di simulare una conversazione tra esseri umani. Lo so, è una spiegazione molto riduttiva e semplicistica, non me ne voglia chi conosce la materia in maniera più approfondita.

Ciò che ha stupito di ChatGPT, è non solo la capacità di fornire risposte molto dettagliate, ma soprattutto quella di improvvisare. Può creare scenari ipotetici, scrivere dissertazioni, correggere stringhe di codice. Può persino comporre testi creativi quali poesie, canzoni, favole e copy per inserzioni pubblicitarie.

Penso sia doveroso aprire una parentesi: quando parliamo di intelligenza artificiale stiamo parlando di algoritmi e di previsioni. O meglio di processi algoritmici. Più precisamente siamo nel campo del machine learning (ML). Una macchina viene istruita a riconoscere le relazioni esistenti tra i set di dati che le vengono somministrati.

Come è stato sviluppato ChatGPT.

La capacità di riconoscere ed elaborare nuovi pattern, formulando delle previsioni, aumenta con l’aumentare dei dati a disposizione. Volta per volta, al bagaglio di conoscenze si aggiungono quei risultati che la macchina ha già ottenuto, ciò che, in parole molto povere, ha “imparato” in precedenza. Esistono diverse tecniche per ottenere questi risultati.

In particolare, ChatGPT è stato istruito usando tecniche di learning rinforzato e learning supervisionato che non possono prescindere dalla componente umana. Un esempio da manuale è quello in cui si insegna ad una macchina a riconoscere le foto di un cane quando le vengono mostrate (o di un semaforo, vi ricorda qualcosa?). I tecnici sottopongono numerose immagini (dati), alcune con dei cani, altre senza. Ogni volta che l’AI riconosce la presenza del miglior amico dell’uomo, i tecnici “premiano” la macchina.

L’operazione va avanti finché i riconoscimenti diventano sempre più accurati ed il margine d’errore cala. Qui mi fermo e vi invito a consultare le pagine di Wikipedia che ho linkato. Non sarebbe corretto infatti semplificare la spiegazione in modo esagerato.

La terza generazione ChatGPT-3 è stata sviluppata esattamente in questo modo.

Come si usa ChatGPT.

Se siete riusciti a registrare un account nel più tradizionale dei modi, cioè compilando un form in cui fornite il vostro indirizzo e-mail e alcune informazioni che vi riguardano, ecco come dovete procedere per usare il chatbot.

L’interfaccia utente è molto minimalista, in stile beta product.

È sufficiente digitare la nostra richiesta in una casella di testo, come si fa con qualunque chatbot, per avviare la “conversazione” con la macchina.

Questo è la risposta che mi ha dato quando ho chiesto di descriversi con parole semplici:

“ChatGPT è un modello di linguaggio artificiale creato da OpenAI. Funziona come un assistente virtuale che può rispondere alle tue domande o generare testo in base alle informazioni che gli vengono fornite. Ad esempio, se gli chiedi di scrivere una storia, utilizzerà il suo vasto database di informazioni per crearne una nuova. È stato addestrato utilizzando un grande quantità di testo presente in internet, quindi è in grado di capire e rispondere alle domande su una vasta gamma di argomenti.”

[il testo è originale, errori di grammatica compresi]

Ho poi aggiunto informazioni più specifiche chiedendo “come ti descriveresti ad un pubblico abituato a leggere news sulla tecnologia”:

“Mi descriverei come un modello di linguaggio artificiale avanzato sviluppato da OpenAI. Utilizzo una tecnologia chiamata “deep learning” per comprendere e generare il linguaggio umano. Sono stato addestrato su un vasto corpus di testi presenti in internet, il che mi consente di rispondere alle domande su una vasta gamma di argomenti e di generare testo in modo autonomo. Sono utilizzato in una varietà di applicazioni, tra cui la creazione di chatbot, la generazione di testo e la risposta alle domande. Sono un esempio di come la tecnologia sta rendendo sempre più intelligenti i sistemi di elaborazione del linguaggio naturale.”

[da notare che, quando si esprime in prima persona, ChatGPT si declina al maschile]
I testi in cui ChatGPT descrive se stesso
Ho chiesto a ChatGPT di descriversi in due modi diversi

Dove nasce ChatGPT: Chi è OpenAI?

Il chatbot ChatGPT è stato rilasciato da OpenAI LP, un laboratorio di ricerca con finalità di lucro con sede a San Francisco. Il parente più stretto è OpenAI Inc. che invece è no profit ed ha costituito il nucleo originario della società.

Nato nel 2015 con lo scopo di studiare e sviluppare un’intelligenza artificiale al servizio dell’umanità, il progetto è stato finanziato da numerosi personaggi illustri raggiungendo il miliardo di dollari di venture. Lo stesso Elon Musk è stato uno dei fondatori, ma ha lasciato il progetto nel 2018. Tra i donatori della prima ora si segnala anche AWS (Amazon Web Services).

Nel 2019 anche Microsoft si è unita alla rosa dei benefattori che hanno contribuito donando un altro miliardo di dollari.

Secondo un articolo apparso il 5 gennaio 2023 su Insider, con il rilascio di ChatGPT, OpenAI avrebbe raggiunto il valore di 29 miliardi di dollari.  

ChatGPT per la SEO: ecco cosa consigliano gli esperti.

Molti degli strumenti che utilizziamo per la SEO fanno già abbondante ricorso a processi algoritmici che possono essere classificati alla voce intelligenza artificiale. Basti pensare ai sistemi di raccomandazione che usano gli algoritmi per suggerire le forme da utilizzare quando usiamo un tool di graphic design, oppure le related keywords che ci vengono mostrate dai servizi per la ricerca di parole chiave.

Inoltre, molte risorse per la sentiment analysis da tempo utilizzano l’IA per analizzare le conversazioni sul web e creare dei report leggibili.

Ci sono poi tantissime app per smarthphone come FaceApp, per dirne una, che usano l’AI per puro divertimento (e anche per la raccolta di dati).

Tuttavia, proprio negli ultimi due mesi molti esperti di SEO hanno iniziato a sperimentare l’uso di ChatGPT per svelare le nuove potenzialità offerte dal metodo conversazionale.

Vediamo di seguito le 6 applicazioni suggerite da Brian Frederick nel suo articolo su Search Engine Journal.

1. Realizzare contenuti per le pagine web.

Il più terribile degli scenari per un copywriter di professione è scoprire che al chatbot bastano due righe di istruzioni per sfornare meravigliosi articoli per il blog aziendale del nostro potenziale cliente o per la sua pagina web.

Fortunatamente non è così. L’output, perlomeno quello in lingua italiana, suona ancora molto meccanico, con un tono di voce piuttosto neutrale ed un basso livello emotivo.

I risultati sono piuttosto grezzi, come potete vedere nei due esempi in cui ho chiesto a ChatGPT di descriversi.

Ciò non toglie che i testi generati possano essere utilizzati come fonte di ispirazione. Prodotti non già pronti all’uso ma che necessitano di essere lavorati e rifiniti.

Tra le altre cose, c’è il rischio che Google consideri spam i contenuti generati da AI. Infatti, secondo John Mueller, search advocate del popolare motore di ricerca, i contenuti scritti da un’intelligenza artificiale sono considerati “automatically generated” e quindi violano la policy del motore di ricerca sullo spam.

Ma come fa stabilire se un testo è stato scritto da un essere umano o generato da un chatbot?

Non è stato chiarito se l’algoritmo usato da Google sia in grado di riconosce autonomamente i contenuti scritti da un’AI. Tuttavia, se il team incaricato di vigilare sullo spam riconosce un testo come il prodotto di una macchina è autorizzato a bollarlo come non conforme alle linee guida per i webmaster. [vedi l’articolo di Matt G. Southern su Search Engine Journal]

2. Ottimizzare la keyword research e la scelta delle best queries.

Un utilizzo interessante che ho sperimentato di persona rimanda alla più classica delle attività SEO: la keyword research.

Esistono un’infinità di servizi, anche gratuiti, con cui fare la nostra ricerca di parole chiave in santa pace.

ChatGPT in apparenza è uno di questi. Possiamo banalmente chiedere al bot una lista di 10 keywords su un topic preciso. Come output avremo una serie di parole chiave long tail numerate dalla 1 alla 10, secondo una non chiara gerarchia.

Mancano tuttavia i dati sulla competitività, i volumi di ricerca e la quotazione media nel ppc. Tutte cose che siamo abituati a leggere di default e che soprattutto sono molto importanti quando si elabora una strategia di contenuto.

A questo punto, l’utilità di ChatGPT nella keyword research sta soprattutto nell’essere fonte di ispirazione. Una volta ottenuta la nostra lista sarà sufficiente fare delle verifiche, ad esempio con Ubersuggest o Ahref, per vedere i dati mancanti.

In più, sempre con un approccio conversazionale possiamo chiedere al chatbot quale tra due o tre queries scelte sia quella col maggior potenziale di ranking, o quali siano i punti di forza e debolezza delle opzioni proposte.

Ancora una volta giova ricordare che la risposta di ChatGPT è una previsione, sulla quale abbiamo poco controllo, e che quindi non deve essere considerata una verità assoluta. È soprattutto un’utile fonte di riflessione che, quando ben argomentata ci permette anche di bollare come assolutamente sbagliato il ragionamento fatto dall’AI.

Keyword reserch SEO con ChatGPT
La keyword research che ho fatto pensando ad una cantina vinicola sarda che produce vino biologico.

Nell’immagine potete vedere un esempio di keyword research che ho fatto con ChatGPT per una cantina vinicola sarda. I risultati corrispondono più o meno a quelli ottenuti col Keyword Planner di Google Ads, ma la presenza della parola “cantina” mi ha dato da pensare. Infatti, ho approfondito la ricerca, ma questo lo vedremo più avanti.

3. Sviluppare una strategia di content marketing.

ChatGPT potrebbe essere usata anche per elaborare una strategia di content marketing?

Secondo Joe Speiser la risposta è si.

Il tweet pubblicato da Joe Speiser
La strategia suggerita a Joe Speiser per un software Saas

Il risultato non è un piano elaborato e dettagliato. Anzi, a prima vista sembra un elenco di best practices piuttosto banale. Il suggerimento che da l’autore del tweet però è che discutendo ogni punto con lo stesso chatbot si riesca ad ottenere un risultato sempre più dettagliato.

Il rischio inoltre è che, supponendo che molti competitor facciano altrettanto, si finisca per utilizzare un piano strategico identico a quello della concorrenza: stessi topic, stessi tempi di pubblicazione, stesso media mix.

Ancora una volta, ChatGPT si rivela più una fonte di ispirazione che di un output pronto all’uso. Ma va bene anche questo.

4. Analisi e comprensione del search intent (intento di ricerca)

Al punto n.2 avevo accennato ad un’ulteriore applicazione di ChatGPT alla keyword research.

Così siamo arrivati a testare l’utilità del chatbot nell’analizzare l’intento di ricerca. Uno degli usi che in questi giorni molti esperti di SEO stanno sperimentando.

Ho chiesto a ChatGPT di valutare dalla prospettiva dell’intento di ricerca tre delle queries suggerite in precedenza (ricordate? La cantina familiare della Sardegna).

Il pannello di ChatGPt mostra il confronto tra 3 queries di ricerca
Il cofronto fatto da ChatGPT su 3 queries di ricerca.

Come potete vedere nella foto il mini-report individua delle differenze interessanti. In particolare, isola molto bene la diversa enfasi posta sul luogo di produzione, sul prodotto, e infine sul processo di produzione.

Tutti dettagli che aggiungono precisione alle risposte che un utente si aspetta di ottenere dalla sua ricerca. La prima query potrebbe suggerire l’intenzione di ottenere informazioni su una cantina da visitare; la seconda invece fa riferimento ad un prodotto che si è pronti ad acquistare; la terza potrebbe rientrare in fase di consideration, quando ancora l’utente è curioso di acquisire maggiori informazioni su un prodotto prima di valutarne l’acquisto.

Devo dire che questa conversazione con ChatGPT mi è piaciuta e mi ha fatto riflettere.

Ho anche pensato però: noi che ci occupiamo di SEO, queste considerazioni già le facciamo.

Istintivamente forse, oppure perché abbiamo più chiari gli obiettivi: se scriviamo un contenuto per una cantina che organizza visite guidate, probabilmente già sappiamo che dobbiamo enfatizzare il luogo di produzione. O sbaglio?

5. Generare e ottimizzare SEO title e meta description.

Ovviamente una delle attività più sperimentate da quando OpenAI ha rilasciato ChatGPT il 30 novembre è stata la generazione dei metadati.

Diciamoci la verità: SEO title e meta-description sembrano una scemenza da pochi caratteri, ma alla fine ci fanno venire il mal di testa. Tanti micro-contenuti simili ma diversi, che devono rientrare in certi parametri tecnici e devono essere sempre sia coerenti che originali.

In effetti, chiedere un elenco di title su un topic specifico ci può aiutare molto per raccogliere spunti originali da adattare alle nostre esigenze. Avere ogni volta un elenco di alternative non è cosa da buttare.

Ho avuto qualche difficoltà con le description.

Per semplificarmi la vita ho chiesto al chatbot di generare cinque meta-description per il mio sito www.gabrielesanciu.com. È stato un epic fail (lascio giudicare voi dalla foto).

Per ChatGPT sono diventato un artista che vende le proprie opere d’arte.

ChatGPT mostra cinque alternative per una meta-description
Quando ho chiesto di generare 5 meta-description basandomi sull’URL come unico input

Poi però mi sono ricordato che il prodotto di OpenAI ha un su database, limitato al 2021 se non erro, e non attinge da internet. In buona sostanza non sa chi io sia ed ha improvvisato alla grande. Errore mio.

È andata meglio quando gli ho chiesto di suggerirmi cinque alternative alla description che già stavo utilizzando per l’homepage di gabrielesanciu.com.

ChatGPT mostra cinque meta-description alternative a quella fornita da Gabriele Sanciu
le 5 meta-description alternative a quella che avevo sottoposto a ChatGPT

In questo caso ho apprezzato molto l’output. Non userei neanche una delle proposte così come sono state generate, ma ce ne sono un paio che con alcuni ritocchi potrebbero essere delle valide soluzioni.

Ribadiamo il concetto: anche per i metadati SEO, ChatGPT è una buona fonte di ispirazione, ma non una soluzione pronta all’uso.

6. Realizzare report analitici e semplificati

L’ultimo uso consigliato da alcuni SEO pro è quello di usare ChatGPT per la reportistica.

Ad esempio, ci viene suggerito di usare il chatbot per identificare dei pattern in una serie di dati che possano poi essere presentati in maniera argomenta, senza limitarci a grafici e tabelle.

Molto utile quando vogliamo rendere conto ad un cliente dei nostri sforzi.

Un’altra proposta è di chiedere all’AI di scrivere per noi una formula da usare con Excel o Google Sheets.

Questa è una delle applicazioni che attendo con maggiore impazienza, perché non sono uno smanettone dei fogli di calcolo ma ne adoro l’utilità nelle situazioni più disparate.

Sul mercato ci sono già servizi simili, come l’interessantissimo Excelformulabot.

L’intelligenza artificiale manderà in pensione gli esperti SEO?

Spoiler: no.

Cambierà senza dubbi il modo di lavorare, quanto questo cambiamento sarà repentino e difficile dirlo. Quando forse calerà l’hype per il rilascio di ChatGPT-3 si tornerà per un po’ a lavorare in modo tradizionale.

Il che è un ossimoro per una professione che ogni sei mesi deve adattarsi a cambiamenti negli algoritmi, policy legate all’uso dei dati, release di nuove versioni di qualche tool SEO e chi più ne ha più ne metta.

Di sicuro il chatbot su cui stiamo sperimentando in questi giorni presenta alcuni dei grandi limiti dell’AI.

Anzitutto, l’intelligenza artificiale ha dei pregiudizi. O meglio dei bias, cioè delle distorsioni di ragionamento che possono derivare da molti e noti fattori. Ad esempio, il ripetersi di informazioni non corrette perché in fase di apprendimento, nessuno ha mai fatto notare l’errore alla macchina.

Può anche darsi che in fase di training quegli errori non fossero proprio considerati tali e che il pregiudizio degli istruttori si trasferisca dall’uomo all’algoritmo.

Inoltre, non sempre ci è chiaro su cosa l’AI basi le proprie credenze e convinzioni.

Potrebbe essere in grado di distinguere un cane da un lupo cogliendo segnali che l’essere umano considera secondari, come ad esempio la presenza di neve nell’immagine o la mancanza di un collare.

Quelli menzionati sono casi emersi da esperimenti reali, anche se un po’ datati, ma rendono bene l’idea.

Così come l’uomo plasma i concetti che governano il mondo a sua misura, altrettanto potrebbe fare la macchina, in un modo a noi solo vagamente comprensibile.

L’intelligenza artificiale e le emozioni umane.

Per il momento, l’applicazione che preferisco è sottoporre un testo al chatbot e chiedergli una rosa di alternative, cinque o dieci, a seconda della lunghezza del testo.

Mi piace avere una sorta di confronto, valutare le altre opzioni e prendere spunto dai suggerimenti della macchina. Trovo che sia la cosa più simile ad una conversazione.

Il rilascio di ChatGPT ha scatenato un miscuglio tumultuoso di emozioni e previsioni sia negative che positive.

Da un lato, infatti, c’è chi ha paura di perdere il lavoro, o quanto meno di vedere bollate come inutili le competenze acquisite negli anni.

Dall’altra invece abbonda l’hype di scenari positivi di collaborazione uomo-macchina, in cui le attività quotidiane diventeranno più semplici, affidabili e meno dispendiose.

Insomma, un dibattito già visto agli albori della rivoluzione industriale o in pieno taylorismo.

Dalle prime impressioni è proprio l’aspetto emotivo ciò che sembra mancare alla macchina: il tocco umano. Manca quella sensibilità che si riesce ad estrapolare dalle righe di testo quando lo scrittore infonde nelle parole le proprie emozioni, sapendo di suscitarne altrettante nel lettore.

L’AI sarà il “telaio a vapore” della rivoluzione digitale?

In fondo, Deep Blue non ha impedito agli uomini di giocare a scacchi.


Non perdere tempo, contattami ora per migliorare la posizione del tuo sito web nella prima pagina di Google!

Articoli simili

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.